Durante i momenti di attesa tra un volo e l’altro, ho sempre amato osservare la vita che scorre allo stesso tempo frenetica e lenta negli aereoporti e nelle stazioni.
Non ci rendiamo spesso conto dell’infinità di vite che si scontrano in uno stesso posto e nello stesso momento senza mai toccarsi.
Non tanto per i voli o i treni in se stessi quanto piuttosto per la gente che porta le sue storie dentro a bagagli a mano e le aspettative, per l’imminente viaggio, in tasca.
Non tanto per i check-in in se stessi ma quanto piuttosto per osservare nella sezione “partenze” la speranza, di rivedersi il prima possibile, intrecciarsi con un augurio, che vada tutto al meglio, in un unico abbraccio.
Non tanto per osservare i viaggiatori in se stessi ma quanto piuttosto per raccoglierne in maniera fugace le storie: in particolare inizio ad immaginare dove possano andare; che lavoro possano fare così ben vestiti; quanto spesso viaggino.
Non tanto per il treno che scorre silenzioso sul binario quanto piuttosto per i paesaggi che riempiono la finestra del treno in cui immergiamo una cascata di pensieri.
Non tanto per i metal detector in se stessi quanto piuttosto per immedesimarmi inconsapevolmente nelle persone che si dividono e si osservano dall’altra parte della vetrata dei controlli iniziali: nelle coppie che si separano per un lungo viaggio; nelle famiglie che lasciano il figlio schiudere le proprie ali in paralleli e meridiani diversi dai propri; nei nonni che accompagnano i nipoti e che non hanno mai preso realmente un aereo ma si divertono ad indicarli appena ne vedono uno in fase di decollo.
Non tanto per le sale d’attesa in se stessi che si riempiono quanto piuttosto per incrociarmi, involontariamente, con le vite degli altri: è qui che da un qualsiasi commento sulla noia, sulla lentezza, sulla scarsa qualità si inizia a buttarsi in altre tematiche e argomenti facendosi “compagnia” per quell’attesa.
Non tanto per noia quanto piuttosto credo si tratti semplicemente nello scontrarsi con le vite degli altri: nei momenti vuoti quante volte captiamo un pezzo di telefonata e senza rendercene conto ascoltiamo? Quante litigate di altri passeggeri, via telefono, abbiamo sentito sui treni e aerei? Quante telefonate di sfogo di altre persone abbiamo sentito?
Non tanto per l’azione del salire sul treno quanto piuttosto per i minuti che intercorrono tra l’annuncio dell’altoparlante, sul treno imminente, e l’arrivo effettivo del treno: qui si incastrano negli abbracci diverse emozioni.
Si tratta di uno sfondo che incornicia il tuo viaggio che osservi ma non guardi mai veramente; che senti ma non ascolti mai veramente.
Si tratta di uno sfondo che non guardi mai direttamente: pur scontrandoti con pezzi di vita di altri non le tocchi, mai per davvero, come linee parallele.
Si tratta di uno sfondo che non guardi mai consapevolmente ma capti per un breve attimo pezzi di vita di altri.
2 commenti
Una riflessione molto bella…anche io mi pongo sempre queste domande, mi capita spesso, anche quando vado in autostrada, o quelle poche volte che sono in un centro commerciale…è bello “perdersi” nelle vite altrui. Mi capita spesso quando c’è qualche festività particolare: ad esempio il 31 dicembre, quando tutti festeggiano e vedi delle auto passare per strada magari proprio alla mezzanotte del 31, chiedersi perché sono li e non sono a festeggiare, dove vanno? cosa li ha portati li? 🙂
Travelchipz hai colto proprio quello che volevo trasmettere! Meno male che non sono l’unica che si ferma a fantasticare e a farsi domande!! 😊